Nei laboratori biomedicali si moltiplicano gli avvistamenti di esemplari di quella che potrebbe essere una nuova specie di ricercatore: il data scientist. A suo agio con grandi quantità di dati, il data scientist è capace di adattarsi a biotecnologie in continuo aggiornamento e di utilizzare i progressi più recenti della matematica per affrontare le difficili domande delle scienze della vita. Alcuni tratti fenotipici lo rendono sensibilmente diverso dai suoi progenitori. A differenza dello statistico classico, non ha paura di confrontarsi con pochissimi dati in altissima dimensione. Diversamente dal bioinformatico, salta con disinvoltura dal discreto al continuo. La sua caratteristica principale pare sia una spiccata attitudine a rilevare segnali deboli annegati in forti rumori di fondo. Attraverso la descrizione di alcuni avvistamenti ravvicinati apprezziamo la sua notevole duttilità, ormai indispensabile nell’ecomondo della ricerca e della clinica medica. In particolare, emerge il ruolo centrale giocato dalla simbiosi con il biologo e il medico. Sembra, infatti, che il data scientist, lasciato fuori dal laboratorio, perda rapidamente la capacità di dare contributi significativi.
Biografie
Alessandro Verri è professore di Informatica allUniversità degli Studi di Genova dal 2000. Laureato in Fisica, è PhD nello stesso campo. Ha svolto attività di ricerca allestero, in università quali il Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove ha anche insegnato per tre anni. Ha pubblicato oltre 150 articoli su teoria e algoritmi di apprendimento statistico con applicazioni nel biomedicale, in biologia molecolare e in computer vision. È responsabile di numerosi progetti di ricerca di base, applicata e di trasferimento tecnologico. È coautore di un libro su computer vision edito da Prentice Hall e adottato da moltissimi atenei stranieri.