Tra tutte le particelle note, il neutrino si distingue per stranezza, come testimoniato della sua scoperta e dall'imbarazzo con il quale il fisico Wolfgang Pauli, nel 1930, lo introdusse, ipotizzando l’esistenza della cosiddetta particella fantasma. Fu osservato per la prima volta nel 1956, da Frederick Reines e da Clyde Cowan, in un esperimento chiamato progetto Poltergeist, il cui nome sottolinea l’impalpabilità del neutrino. Per evidenziare alcune proprietà di queste particelle, Reines utilizzò un’insolita metafora, paragonando il neutrino a “un cane che si trasforma in gatto durante una passeggiata”. Insomma, un mutante, proprio come ipotizzato da Bruno Pontecorvo mezzo secolo fa. Per il fatto di rubare furtivamente l’energia dalle altre particelle e per non avere alcuna immagine nello specchio, il neutrino ha meritato anche l’appellativo di vampiro. Quali sono le ragioni di queste scelte lessicali? Le espressioni immaginifiche impiegate sono davvero utili ai fini della comprensione della materia e, soprattutto, sono corrette?
Biografie
Francesco Vissani è fisico teorico. Si occupa dello studio dei neutrini e delle connessioni tra fisica delle particelle e astrofisica. È dirigente di ricerca presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso di L'Aquila, dove coordina il PhD in Astroparticle Physics del Gran Sasso Science Institute (GSSI). Vincitore della Medaglia Giuseppe Occhialini (SIF-IOP) per la fisica dei neutrini nel 2008, è autore di più di 100 pubblicazioni scientifiche.